Chiesa e Convento delle Sante Caterina e Barbara

Il Convento di Santa Caterina e Barbara di Santarcangelo venne fondato nel 1505 da Suor Obbedienza da Rimini, dell’Ordine Camaldolese, proveniente da una comunità religiosa di Cesena. Fin da subito fu caratterizzato dalla clausura che si concluse solo dopo la fine della seconda guerra mondiale, quando il vescovo decise che fosse ora di aprirlo al mondo esterno. Chiuso e depredato durante gli anni della soppressione napoleonica, venne rifondare a metà del 1800 da Suor Angela Molari, la Santa da Rimini, di cui quest'anno ricorrono i 200 anni dalla nascita.

Suor Angela fu una figura emblematica, grazie alla sua inesauribile fede e determinazione riuscì a dare vita alla Congregazione Figlie dell’Immacolata Concezione il cui statuto fu poi approvato dalla Santa Sede. Durante gli anni in cui visse nel convento esso si ampliò fino a raggiungere l'estensione attuale e ad occupare circa un terzo dell'intero centro storico. 

La clausura ha fatto in modo che il Convento arrivasse fino a noi perfettamente conservato, sono ancora ben evidenti i segni dell'isolamento: le doppie grate alle finestre, il portone con due serrature, il parlatorio.

Tra le eccellenze del complesso religioso c’è l'orto di circa un ettaro di estensione, descritto nei documenti del XIX secolo, come luogo ameno, ricco di pergolati, alberi da frutto e fiori. Luogo prediletto dalle sorelle che lavorandoci e pregandoci avevano in quello spazio paradisiaco il loro mondo all’aria aperta. 

Di notevole interesse la chiesa settecentesca progettata dal Bibbiena e ancora oggi utilizzata e inalterata, compresa la sua facciata rimasta incompiuta. La piccola comunità monastica conta oggi una decine di sorelle, niente a che vedere con le 70 censite a fine Ottocento. Ognuna con una qualifica specifica: la cuoca, la ricamatrice, l'addetta alla rilegatura, quella al trattamento della canapa, la speziera e così via.

La religiosità femminile pervade profondamente questo luogo intatto: nei testi della piccola biblioteca, tutti riconducibili a figure di sante e mistiche e nelle immagini sacre conservate nella chiesa, tutte di sante.

Le radici del femminile affondano fino a 10 metri sotto il convento dove si trova lo splendido ipogeo monumentale.

Perfettamente conservato, mai rimaneggiato: anche in questo caso potremmo dire, salvato dalla clausura. Esso è con ogni probabilità il più antico tra tutti quelli presenti nel ventre di Santarcangelo. Di origini antichissime, forse addirittura coevo o precedente alla civiltà villanoviana, potrebbe essere stato utilizzato a scopo rituale. La sua forma, due cerchi concentrici che girano attorno ad un pilastro centrale un axis mundi, lascia pochi dubbi. Con ogni probabilità era una parte significativa di un'area sacra più vasta, un bosco sacro, in tempi in cui l'oscurità era il colore del sacro e la dea terra era la divinità primigenia.